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Prevenzione in primo piano: consulenza sulle misure di check-up

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Nuovo articolo specialistico: le malformazioni cutanee

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Le malformazioni cutanee (più comunemente dette “nei”, ma non solo) vanno tenute sotto controllo per evitare che degenerino. Presso la nostra segreteria è disponibile materiale informativo al riguardo.

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Metatarsalgia

Metatarsalgia

(Stati algici del piede – Metatarsalgia)

METATARSALGIA

La Metatarsalgia comprende una serie di sindromi dolorose corrispondenti alla regione plantare del piede riferita alle teste metatarsali (l’ultima parte della falange che si articola con la base della falange, in genere chiamata cuscinetto plantare). Si tratta di un disturbo frequente che colpisce le ossa e le articolazioni in corrispondenza delle dita. La metatarsalgia (dolore al cuscinetto plantare) è spesso localizzata sotto la seconda, terza e quarta testa metatarsale, o isolata alla prima testa metatarsale (in corrispondenza dell’alluce).

Sintomi

  • Dolore e/o sensazione nella pianta del piede che brucia in piedi, camminando o correndo – che migliora quando siamo a riposo
  • Dolore acuto quando si scatta in punta dei piedi
  • Intorpidimento o formicolio alle dita dei piedi

Cause

  • Questo frequente disturbo del piede consiste nella sindrome dolorosa e/o infiammazione di una o più teste metatarsali, di solito a causa di una pressione eccessiva che perdura nel tempo.
  • Il dolore al cuscinetto plantare è spesso causato da calzature non della misura giusta, con maggiore frequenza dalle calzature femminili eleganti e da altre calzature che costringono il piede. Le calzature con punta stretta (zona delle dita) costringono il cuscinetto plantare in uno spazio minimo. Questo può disturbare l’azione del camminare e causare grande disagio nella parte frontale del piede.
  • Altri fattori possono produrre una pressione eccessiva nella zona del cuscinetto plantare causando metatarsalgia. Tali fattori includono scarpe con il tacco troppo alto o la pratica di attività ad alto impatto su questa zona del piede senza indossare calzature e/o ortesi adeguate.
  • Inoltre, con il progredire dell’età, il cuscinetto di grasso nel piede tende ad assottigliarsi, rendendoci più soggetti al dolore nella zona del cuscinetto plantare.

 

Classificazione delle Metatarsalgie

Metatarsalgie biomeccaniche

Per metatarsalgia biomeccanica si intende una patologia algica sostenuta da squilibri di carico. Ciò può venire da:

  • anomalie di lunghezza dei raggi metatarsali;
  • anomalie di posizione dei raggi metatarsali (metatarso in equinismo)
  • anomalia di motilità di uno o più raggi della Lisfranc, come per gli esiti post-traumatici.

Clinicamente in questi casi si apprezzano delle formazioni di ipercheratosi o callosità plantari (callo) in corrispondenza della/e testa/

 

Metatarsalgie non biomeccaniche

Le metatarsalgie non biomeccaniche hanno origine da interessamento flogistico articolare o para-articolare da malattie sistemiche (Artrite reumatoide, Lupus eritematoso sistemico, etc…) o da affezioni locali (Artrite settica).

A volte le metatarsalgie presentano lesioni definite ai nervi interdigitali definite con il nome di Neuroma di Morton o meglio Neuroma Civinini-Morton, polinevriti, lesioni vascolari o altre lesioni dei capi articolari (Malattia di Kolher, osteonecrosi asettica della testa del II osso metatarsale) o dei tessuti molli.

 

Trattamento e Prevenzione

La prima fase del trattamento della metatarsalgia consiste nello stabilire la causa del dolore. Nel caso in cui il dolore sia causato da calzature della misura non corretta, è necessario cambiare le calzature. Calzature con punta spaziosa sai in altezza che in larghezza (zona delle dita) and a suola arrotondata sono l’ideale per il trattamento della metatarsalgia. Una punta spaziosa in altezza e larghezza consente al piede di allargarsi, mentre la suola arrotondata riduce lo stress sul cuscinetto plantare.

è possibile scaricare la pressione dal cuscinetto plantare grazie ad un vasta gamma di prodotti specifici. Le ortesi concepite per ridurre il dolore nella zona del cuscinetto plantare, in genere, comprendono un cuscinetto metatarsale. L’ortesi ha il cuscinetto piazzato dietro il cuscinetto plantare per ridurre la pressione e ridistribuire il peso spostandoli dalla zona dolente a zone con maggiore tolleranza. Altri prodotti che vengono spesso raccomandati sono cuscinetti metatarsali di gel e bendaggi metatarsali. Usando questi prodotti con calzature adeguate si ottiene un significativo sollievo dei sintomi.
Se il problema persiste, consultate il vostro podologo.

 

Metatarsalgie comuni

Borsite

Una borsite è un allargamento osseo che si trova sul lato dell’alluce. Questa zona è spesso irritata e resa più dolorosa da scarpe strette che causano la pressione e l’attrito sulla zona.

Sintomi:

  • L’alluce valgo è spesso rosso, gonfio e dolorante
  • Spesso una borsite può anche avere un corrispondente spostamento dell’alluce verso le dita dei piedi più piccoli. Questo si chiama alluce valgo. Il 2° dito del piede può poggiare sopra l’alluce.

 

Alluce Valgo

L’alluce valgo è la più comune deformità dell’avampiede. Colpisce prevalentemente il sesso femminile. Consiste in una deviazione verso l’esterno dell’alluce, associata ad una fastidiosa prominenza verso l’interno della testa metatarsale, con tipica irritazione cutanea detta borsite. In genere la deformità è associata a dito a martello e sovraccarico metatarsale, con dolore plantare sotto le teste dei metatarsali, detta metatarsalgia. Si è spesso impropriamente identificata come una borsite, ma spesso coesiste con una borsite.

Sintomi:

  • Non sempre sintomatica, ma il dolore è spesso presente con movimento forzato del comune alluce
  • Il 2° dito del piede spesso prevale l’alluce (chiamato crossover di punta deformità) come l’alluce si sposta sotto il secondo dito del piede

 

Alluce rigido

Per alluce rigido si intende l’artrosi primitiva della metatarso-falangea prima, cioe’ l’articolazione della base dell’alluce con la testa del primo metatarsale. Esso viene chiamato anche Hallux limits o flexus, per la sua tendenza alla anchilosi della metatarso-falangea prima in lieve flessione, con interfalangea estesa, o addirittura iperestesia.E’ una patologia tipica dell’eta’ adulta, piu’ frequente negli uomini (60% contro 40%), spesso bilaterale.All’eziopatogenesi dell’alluce rigido concorrono fattori congeniti (testa metatarsale piatta per ossificazione attraverso tre nuclei invece di due), fattori biomeccanicici (primo metatarsale elevato), fattori traumatici (fratture/microfratture/lesioni osteocondrali) e microtraumatici (patologia articolare da usura), questi ultimi tipici del calcio. Anche le malattie infiammatorie come la gotta possono concorrere a determinare un alluce rigido.

Sintomi

  • Allargamento generale del comune alluce che è tenero lungo la parte superiore della linea comune
  • Il dolore è aggravato con la maggiore attività del peso-cuscinetto
  • Una prominenza ossea sopra il comune alluce (chiamato osteofiti) può essere visto su esame
  • Il dolore durante la deambulazione, tanto più che il piede spinge fuori

 

Dito a martello

Non e’ raro vedere le dita dei piedi in posizione di flessione permanente, con fastidiosa iperflessione del secondo dito, a volte anche del terzo e quarto dito con classica callosità sul vertice della deformità. Si tratta di deformita’ che possono essere fisse o flessibili, comparire fin dalla piu’ giovane eta’ o come complicanza di fatti traumatici.

Sintomi

  • Dolore sotto la pianta del piede associato a callosità

La causa piu’ frequente e’ l’artrosi delle dita nei soggetti con piede cavo, piattismo traverso dell’avampiede, uso di scarpe strette. Anche la scarpa anti-infortunistica ha la sua responsabilita’ non nella patogenesi di queste deformita’, ma nel renderle sintomatiche.
In genere la deformita’ delle dita si associa a metatarsalgia, ossia a dolore sotto la pianta del piede associato a callosità da iperpressione nelle aree di appoggio. Non e’ raro che questi quadri siano caratterizzati dalla presenza di un alluce valgo conclamato. La cura della deformita’ delle dita e’ primariamente ortopedica, con plantari, cure fisiche, scarpe comode a punta larga, cura podologica e cura chirurgica

Neuroma di Morton (neuroma interdigitale)

Neuroma di Morton si sviluppa in risposta a irritazione, pressione o lesioni a uno dei nervi che portano alle dita dei piedi. Un neuroma è spesso situato tra il 3° e 4° dito, ma può verificarsi anche tra il 2° e 3°.

Sintomi

  • Dolore, formicolio, bruciore e/o intorpidimento a partire dalla pianta del piede e spesso si irradia alle dita dei piedi
  • Tenerezza si trova all’interno dello spazio tra le dita e ci può essere un click palpabile quando si comprimono i metatarsi (ossa lunghe del piede anteriore) insieme.

 

Metatarso falangea Capsulitis

Questo si riferisce ad una infiammazione locale sotto la testa metatarsale (pianta del piede) a volte a causa della degenerazione dei legamenti che stabilizzano la testa metatarsale.

Sintomi

  • Tenerezza localizzata nella zona sotto la testa metatarsale
  • I pazienti riferiscono spesso ci si sente come una pietra sotto il piede ed è peggio a piedi nudi o con le scarpe con la suola sottile

 

Fratture da stress del metatarso (fratture marzo)

Una frattura da stress è una piccola rottura nel osso causata da stress ripetitivo.

Sintomi

  • Punto tenerezza locale del metatarso in questione è evidente inizialmente durante l’attività e comprimendo l’osso colpito tra il pollice e l’indice, può evolvere in dolore a riposo, se non trattata
  • Gonfiore diffuso e dolore aumenterà come la lesione progredisce

 

Malattia di Freiberg

Questa condizione si verifica da una mancanza di afflusso di sangue (avascolare), che si traduce in danni permanenti al tessuto osseo alla 2° testa metatarsale. L’avascolarità porta alla eventuale collasso e deformità della testa metatarsale.

Sintomi

  • La parte dorsale (superiore) del metatarso falangea (dove il secondo dito si unisce il piede) è dolorante con l’esame e peggiora con l’attività

 

Trattamento e Prevenzione

  • Piede ed esame degli arti inferiori
  • Misura ortesi piede o un dispositivo over-the-counter
  • Raccomandazione di calzature appropriate e corretto-montaggio
  • Modifica della Calzatura

 

Puntatori Pedorthic per i pazienti

Per alleviare il dolore causato da condizioni di avampiede, Dottori consigliano calzature con:

  • Ampia, scatola di punta quadrata per lasciare spazio adeguato per le dita dei piedi e evitare attriti con aree sensibili
  • Scarpe col tacco basso (meno di 2,5 centimetri) per ridurre lo stress messo sulla pianta del piede
  • Assenza di cuciture sulle aree in cui le ossa e le articolazioni sono più prominenti
  • Suole spesse aiutano ad assorbire gli urti
  • Rigide, suole fondo rocker (scarpe con suola più spessa del normale con i tacchi arrotondati) per aiutare a vuoto la pianta del piede, riducendo quanto si piega durante la fase di push-off di deambulazione
  • Tacco forte per aiutare nel controllo del movimento del piede

Se si verificano dolore al piede o disagio, si consiglia di consultare il vostro medico per una corretta diagnosi e un piano di trattamento adeguato. Il medico può fare riferimento a un podologo per la gestione Podologica, comprese calzature ortopediche e guida alla selezione di calzature e plantari.

Tallodinia

Tallodinia

(Stati algici del piede – Tallodinia)

Tallodinia o tallonite

La tallodinia o tallonite generalmente indica una patologia infiammatoria che causa una condizione dolorosa del tallone, ovvero la parte posteriore del piede, inferiore al calcagno. In ambito medico la tallonite è nota con il nome di tallodinia o di talalgia plantare. Per la cura della tallonite è consigliato un assoluto riposo e, solo in rari casi, si ricorre alla chirurgia.

 

Quali sono le cause della tallodinia?

Le cause della tallonite possono essere condizionate da molti aspetti. La tallonite può avere origini neurologiche, metaboliche o congenite. Tra le cause più comuni troviamo:

  • Postura errata: utilizzo dei tacchi alti
  • Piede cavo
  • Aumento di peso
  • Sovraccarico sportivo o lavorativo
  • Borsite: un’infiammazione delle borse sierose retrocalcaneari o sottocutanee che favoriscono lo scorrimento delle strutture periferiche del tendine
  • Tendinopatia inserzionale: infiammazione causata da alcuni sport, come la corsa o il calcio, nei quali è sollecitata la zona calcaneare
  • Fascite plantare: infiammazione della muscolatura della pianta del piede causata da un’eccessiva sollecitazione del tallone
  • Frattura da stess: una frattura ossea legata a microtraumi ripetuti nel tempo
  • Malattie dismetaboliche: come per esempio la gotta, una patologia in cui un aumento della produzione di acido urico è all’origine di un progressivo accumulo di cristalli di acido urico e di conseguenti dolorose infiammazioni a livello articolare
  • Forme reumatiche
  • Sperone (spina) calcaneare: crescita anomala del tessuto osseo del calcagno

 

Chi soffre di tallonite?

La tallonite colpisce soprattutto persone di età superiore ai 40 anni e in sovrappeso. Negli sportivi è più facile che insorga l’infiammazione, soprattutto quando la parte del calcagno è sottoposta a continue sollecitazioni. Il sintomo “dolore” è sicuramente una delle prime cause di riduzione della capacità atletica di un soggetto e la tallodinia è una condizione frequente negli atleti, che spesso  sono costretti a lunghi periodi di riposo.

Quali sono i sintomi della tallonite?

I sintomi della tallonite sono legati al tipo di disturbo che dà origine all’infiammazione:

  • Si manifesta come dolore nell’area del tallone e del calcagno, molto intenso la mattina quando ci si alza dal letto e ogni volta che ci si mette in piedi dopo essere stati seduti o fermi per molto tempo.

Se il fastidio è più diffuso ed esterno il problema potrebbe essere una tendinite dell’achilleo.

La tallodinia può interessare uno o tutti e due i talloni contemporaneamente; fattori predisponenti sono sicuramente rappresentati dalla posizione del calcagno rispetto all’asse dell’arto: un calcagno valgo o varo favorisce l’insorgenza di tallodinia poiché induce un alterato carico sulle aree interessate e dal fattore ambientale che è sicuramente più determinante nello scatenare il quadro sintomatologico:

  • Scarpe scorrette (con intersuola troppo rigida)
  • Uso di ortesi inadeguate (scarpe con appoggi interni che accentuano il varismo o il valgismo del calcagno)
  • Eccessivi carichi di lavoro (troppe sedute di allenamento prolungate eccessivamente nel tempo)
  • Superfici di allenamento troppo dure (il cemento ad esempio)
  • Numero elevato di gare in brevi archi di tempo, etc.

In genere, in questi casi, il dolore coinvolge entrambi i talloni ed è di tipo puntorio (trafittivo) e/o associato a senso di bruciore in sede.

La digito-pressione del calcagno spesso evoca un dolore acuto, attenuato dall’applicazione in sede di ghiaccio. I talloni possono presentarsi tumefatti e caldi.

Un caso a parte rappresenta la tallodinia mono-laterale: il dolore su un singolo tallone deve indurre a prendere in considerazione condizioni specifiche locali (ad esempio uno sperone calcaneare, che consiste in una ipercalcificazione della fascia plantare nella inserzione del calcagno) o disturbi della postura che possono determinare squilibri del carico corporeo:

  • un arto più corto
  • una dislocazione di un’anca rispetto all’altra
  • una dismetria del bacino
  • una scoliosi sono tutte condizioni che predispongono a caricare in modo non corretto sui due arti;
  • un ipercarico costante può comportare sofferenza sul calcagno interessato e, conseguentemente dolore.

Da qui la necessità di fare diagnosi e, soprattutto nelle condizioni di tallodinia monolaterale, delle cause che predispongono all’insorgenza del corteo sintomatologico.

 

In quali casi sono consigliate le terapie di mantenimento per la tallonite?

Le cosiddette terapie di mantenimento sono sconsigliate nella maggior parte dei casi poiché rischiano di aggravare la tallonite.

Per esempio, i farmaci antinfiammatori e quelli antidolorifici sono solitamente controindicati perché, sopprimendo il dolore, consentono un carico che non è detto che la struttura ossea possa in realtà reggere.

Solo dopo che la tallonite è guarita è opportuno usare un plantare fatto ad hoc, utile nei casi di cause dell’infiammazioni anatomiche e non rimosse.

La terapia prevede riposo assoluto, associato a crioterapia (ghiaccio) nella prima settimana, associato ad anti-infiammatori per uso sistemico e/o locale.

Le talloniere di sostegno in silicone possono fornire un supporto di notevole interesse, tuttavia il loro uso non sempre è adeguato e va valutato caso per caso. In alcuni casi il recupero precoce può essere agevolato da applicazioni fisioterapiche in sede: ionoforesi medicata, laser, magnetoterapia, ultrasuoni (la cui scelta varia sulla base delle indicazioni dello specialista).

Notevole importanza assume la correzione di quei fattori che possono contribuire all’insorgenza della patologia:

  • un esame baropodometrico adeguato, in orto-stasi e in deambulazione, associato eventualmente ad una radiografia dei piedi in proiezione laterale, possono fornire informazioni utili ad escludere ed eventualmente correggere i fattori predisponenti o, quanto meno, ad attenuarne il loro effetto.

NB: Si deve distinguere la tallodinia da sperone calcaneare, fastidiosa spicola ossea sotto il calcagno e fascite plantare, tipica sindrome da sovraccarico sportivo, per sollecitazione della tensione plantare ed infiammazione inserzionale dell’abduttore dell’alluce, una sindrome dolorosa abbastanza frequente soprattutto tra gli atleti.

Fascite plantare

Fascite plantare

(Stati algici del piede – Fascite plantare)

Fascite plantare

Fascite plantare – Processo infiammatorio a carico del cosiddetto legamento arcuato, altrimenti noto come aponeurosi plantare o fascia plantare.

La fascite plantare è una patologia relativamente frequente; rappresenta, infatti, circa il 10% di tutte le patologie che interessano il piede ed è una delle più comuni cause di dolore al tallone. I soggetti maggiormente interessati dal problema sono i praticanti sport quali la corsa, il basket, il calcio, la pallavolo, il salto in lungo ecc., ma anche i soggetti affetti da obesità. Un fattore di rischio non modificabile è rappresentato dall’età; a parità di condizioni sono i soggetti con età superiore a 40 anni che corrono maggiori rischi in quanto con il trascorrere degli anni il tessuto adiposo a livello della fascia plantare che ha funzioni di cuscinetto protettivo ha la tendenza a ridursi.

È comunque opportuno, prima di entrare nel vivo dell’argomento, fornire qualche breve cenno anatomico:

  • la fascia plantare è una fascia particolarmente robusta costituita da tessuto fibroso; questo origina dal calcagno (l’osso più grande del piede e anche quello maggiormente sollecitato) e finisce per inserirsi su tutte le falangi prossimali.
  • La fascia plantare ricopre un ruolo di notevole importanza nella trasmissione del peso del corpo durante le fasi di deambulazione.
  • Anatomicamente e funzionalmente parlando, la fascia plantare presenta una continuità con il tendine calcaneale detto anche, più comunemente, tendine di Achille.

Da un punto di vista anatomico la fascia plantare può essere suddivisa in tre distinte componenti:

  • quella mediale (ovvero quella lungo il bordo interno del piede),
  • quella centrale (la più estesa e anche la più resistente)
  • quella laterale (ovvero quella sul bordo esterno del piede).

Superiormente alla fascia plantare è presente il muscolo flessore breve delle dita che si inserisce sul calcagno; al di sotto della fascia plantare è invece presente il cosiddetto cuscinetto adiposo plantare, un accumulo di tessuto adiposo la cui funzione è sostanzialmente quella di assorbire gli urti a cui il piede è continuamente sottoposto.

La fascite plantare può manifestarsi sia a livello del calcagno sia a livello del mesopiede; nel primo caso si parla di fascite plantare prossimale, mentre nel secondo caso si parla di fascite plantare distale.

Cause e fattori di rischio

La causa principale dell’insorgenza della fascite plantare:

  • Modificazioni degenerative, connesse a microtraumi ripetuti, che interessano il legamento arcuato
  • Un’eccessiva sollecitazione del tallone provoca un’infiammazione nell’inserzione dei fasci o, peggio, lungo tutta la loro estensione
  • Una ridotta estensibilità del tendine d’Achille può provocare una fascite plantare, tanto che molti ortopedici individuano tale patologia come una delle “conseguenze” più comuni di un intervento al tendine d’Achille in seguito a tendinosi o rottura dello stesso
  • Alcune caratteristiche anatomiche, come il piede piatto o cavo, possono portare a episodi di fascite
  • Improvviso aumento del chilometraggio non supportato da opportuna preparazione.
  • Una frattura da stress
  • L’artrite (sindrome di Lyme)

I fattori di rischio sono numerosi, fra questi, oltre al già citato fattore anagrafico, vanno ricordati il sesso (il problema interessa maggiormente i soggetti di sesso femminile), varie patologie e condizioni anatomiche e problemi di tipo meccanico (diabete, piede piatto o particolarmente arcuato), determinate attività sportive o lavorative (oltre agli sport citati nel paragrafo iniziale si ricordano anche attività quali la danza o la ginnastica aerobica e le attività professionali che costringono per molto tempo alla posizione eretta) e calzature inadeguate (scarpe troppo larghe, con suole eccessivamente sottili o con tacchi troppo alti ecc.).

Corsa amatoriale e fascite plantare – La fascite plantare è un disturbo piuttosto comune nei runner amatori: in molti casi il problema è riconducibile al sovrappeso sportivo. La cosa poi è in genere aggravata dal fatto che i ritmi di corsa sono lenti con appoggio totale del piede e maggiore pressione. Paradossalmente, un ritmo veloce e molto più impegnativo, avendo un tempo d’appoggio minore, sollecita meno il fascio plantare. A patto però di non esagerare con la qualità, perché un certo numero di casi di fascite plantare sono dovuti a sedute troppo veloci e frequenti con scarpe poco protettive.

Sintomi

La sintomatologia della fascite plantare è generalmente molto fastidiosa. A volte la patologia si manifesta con:

  • un dolore acuto e particolarmente intenso al centro del tallone,
  • altre volte il dolore si fa sentire al centro della pianta del piede e continua fino alle dita,
  • altre volte ritorna “indietro” e risale fino alla gamba.

Anche l’andamento temporale del dolore può essere molto diverso: nei casi più leggeri si tratta di una dolorabilità non acuta che permane per tutta la durata dell’attività sportiva, ma che, essendo a bassa intensità, permette comunque di correre o saltare. Altre volte il dolore è così intenso o localizzato da impedire non solo la corsa, ma persino la camminata.

Anche le modalità di insorgenza sono diverse: può apparire in forma acuta (specie dopo uno sforzo intenso ai limiti delle proprie possibilità) o essere progressivo.

Anche nei casi meno dolorosi, trascurare la fascite plantare e continuare a praticare l’attività sportiva può essere decisamente deleterio, in quanto questo tipo di patologia non regredisce certo spontaneamente e continuare la pratica dell’attività fisica può solo far peggiorare il problema fino ad arrivare ai casi più dolorosi.

La fascite plantare è sicuramente una delle patologie più frustranti per lo sportivo perché il dolore sotto il tallone o in generale al fascio plantare continua anche durante il giorno e addirittura può essere massimo al mattino, appena scesi dal letto. Ciò è particolarmente avvilente perché il dolore accompagna il soggetto anche nella vita di tutti i giorni (basta camminare per uno o due passi) e inoltre può peggiorare dopo il riposo notturno (quando ci si aspetterebbe un miglioramento).

Per capire perché al mattino il dolore è spesso più acuto, occorre considerare che di notte i piedi assumono una posizione rilassata, con le punte verso il basso: in questo modo il tendine d’Achille si “accorcia” e con esso anche il fascio plantare. In condizioni normali ciò non causa problemi, ma se è in atto un’infiammazione delle fibre, esse, alla ripresa della posizione a 90 gradi del piede, non riescono a stendersi (rimangono cioè rattrappite) e il dolore è particolarmente acuto. È per questo motivo che alcuni ortopedici consigliano l’uso di una stecca notturna da applicare al piede in modo che conservi la posizione a martello e il fascio plantare rimanga teso.

La diagnosi

Di norma, la diagnosi di fascite plantare viene effettuata dopo aver valutato attentamente la sintomatologia. In genere non è necessario ricorrere a indagini strumentali quali radiografie o TAC, ma in determinate circostanze possono rivelarsi di una certa utilità per evidenziare (o escludere) ulteriori cause di dolore al tallone (per esempio, una frattura da stress, un processo artrosico, una neoplasia ecc.).

Come trattare la fascite plantare

La fascite plantare si cura quasi sempre con il riposo che deve essere assoluto (a volte anche pedalare in bici può essere doloroso e deve essere evitato) per un periodo che va da sei settimane fino a tre quattro mesi nei casi più gravi.

L’errore classico che commettono in particolare i soggetti che praticano attività sportiva è quello di riprendere le sedute di allenamento o le competizioni prima che il dolore sia scomparso del tutto (a riposo, in attività e al mattino) poiché quando si riprende il dolore non è certamente acuto come quando la fascite ha costretto all’interruzione dell’attività; quindi si è portati a credere (e a illudersi) che la patologia stia guarendo. Bastano pochi allenamenti e si ritorna indietro al punto di partenza.

La forza di volontà per un riposo assoluto è quindi il rimedio migliore. Visto il lungo periodo di inattività gli antinfiammatori sono inutili (tranne nella fase acuta, molto dolorosa), mentre sono indicati la fibrolisi o l’applicazione di onde d’urto meccaniche del litotritore. Gli ultimi due interventi hanno lo scopo di distendere le fibre del fascio plantare (la prima) o di causare dei microtraumi che vascolarizzano la zona infiammata rigenerandola.

  • La fibrolisi va praticata da mani esperte, possibilmente da un medico che conosca bene la storia del paziente (clinica e sportiva) e, se ben effettuata, porta a un sollievo anche immediato e notevole del dolore. Le sedute di fibrolisi vanno diluite nel tempo e il numero dipende dalla gravità della fascite.
  • L’applicazione del litotritore ai casi di fascite plantare è relativamente nuova, ma dal momento che si tratta di una pratica molto dolorosa (le onde d’urto vengono “sparate” direttamente sul fascio plantare come se fosse colpito da tante martellate) alcuni consigliano di non effettuarla nel momento più acuto dell’infiammazione e comunque di farlo praticando un’anestesia locale. Le sedute con il litotritore sono generalmente due, effettuate a 15 giorni di distanza una dall’altra.

Prevenzione

Volendo parlare di prevenzione, si possono adottare alcune precauzioni:

  • indossare scarpe che assicurino un’ammortizzazione efficiente del tallone, in modo che non sia sottoposto a stress eccessivo, dimensionare (nel caso dei runner) il chilometraggio settimanale in base all’effettivo grado di allenamento e non alla gara che si vorrebbe fare (ma per la quale non c’è una sufficiente preparazione),
  • alternare le superfici di allenamento (evitando, soprattutto nel caso dei runner, di correre esclusivamente su asfalto o pista),
  • fare stretching con continuità, specie per il tendine d’Achille e,
  • per le donne, evitare le scarpe con i tacchi alti oppure, non volendo rinunciarci, indossarle solo dopo l’allenamento (e non prima).
Callosità plantare

Callosità plantare

(Ipercheratosi plantare)

CALLOSITA’ = IPERCHERATOSI

 

Duroni –Tilomi – Helomi -Verruche

Per CALLOSITA’ (ipercheratosi) si intende un ispessimento dello strato corneo dell’epidermide che può essere:

  • FISIOLOGICA dovuta da micro-traumatismi ripetuti o alternati. Si presenta come un’area circolare, ispessita, di durezza maggiore rispetto alla cute normale ed è priva di dolore ed è nota comunemente come DURONE
  • PATOLOGICA quando c’è un anormale ispessimento dello strato corneo della cute con manifestazioni dolorose. E’ dovuta da micro-traumatismi diretti o alternati.

Come già detto, oltre ad essere dolorosa, la callosità si presenta abbastanza ispessita, di forma circolare, di durezza maggiore rispetto alla cute normale ed è di colore giallo opaco.

 

Dove si forma l’ipercheratosi?

In corrispondenza di sporgenze ossee o di aree di carico o sfregamento eccessivo.

Maggiormente le troviamo a livello plantare,sotto le teste metatarsali, a livello dorsale delle dita (callosità interfalangee), interdigitale (occhio di pernice duro o molle o HELOMA) o persino sub e/o periungueale (sotto l’unghia o nel bordo ungueale).

A volte sono accompagnati da calli che scendono più in profondità, fino ad arrivare al derma, che non sono altro che tilomi o fittoni. queste tipo di callosità vengono descritte dai pazienti come dei chiodi che pungono ogni qualvolta si poggia il piede al suolo.

 

TILOMA

La definizione clinica di Tiloma

È un area rotondeggiante e delimitata d’ipercheratosi in un punto d’appoggio plantare o di sfregamento dorsale. L’elemento che caratterizza il Tiloma è l’Ipercheratosi. L’Ipercheratosi è un ispessimento patologico dello strato corneo che si verifica in molte condizioni. Nel caso del Tiloma lo strato corneo si ispessisce e diventa ipercheratosi in seguito allo stimolo pressorio o di confricazione. Infatti le cellule epidermiche vitali per difendersi dagli insulti meccanici accentuano la produzione di cheratina e aumentano lo spessore dello strato corneo.

  • Il Tiloma Plantare insorge di solito in corrispondenza delle teste metatarsali soprattutto se queste sono spinte in basso per retrazioni tendinee, per perdita dell’arcata trasversale per alterazioni osseo-articolari.
  • In condizioni anatomico-funzionali particolari il Tiloma può formarsi in sede calcaneare o a livello delle falangi.
  • Il Tiloma Dorsale si forma nelle aree di confricazione con la calzatura di solito al di sopra delle articolazione intrfalengee o lateralmente al 5° dito.

Si attribuisce il nome di Heloma alle ipercheratosi che si formano tra gli spazi interdigitali delle dita dei piedi. L’Heloma ha patogenesi e trattamento differente dal Tiloma.

NOTA BENE

Il Tiloma va differenziato con altre forme d’ ipercheratosi a carico dei piedi e principalmente dalle Verruche Plantari/Dorsali.

Le Verruche sono causate dall’infezione del virus del Papilloma Umano (HPV). Questo virus induce una crescita tumorale benigna caratterizzata da una marcata ipercheratosi per cui, soprattutto a livello plantare, assomigliano al Tiloma.

Differenziare una Verruca Plantare da un Tiloma Plantare non è cosa facile e per questo motivo accade spesso che Verruche vengano trattate come Tiloma e viceversa.

Verruca verso Tiloma
Verruca Tiloma
Ipercheratosi Si Si
Dolore alla pressione Si Si
Ricerca HPV Positiva Negativa
Sede di comparsa In ogni sede Solo nei punti d’appoggio

L’unico modo per accertarsi se si tratti di Verruca o Tiloma è asportare l’ipercheratosi

Se si tratta di Verruca dopo aver asportato la parte superficiale dell’ipercheratosi si apprezza un tessuto molle e facilmente sanguinate, mentre se si tratta di Tiloma si continua ad asportare materiale cheratinocita duro.

Per Tiloma si intende quindi un’ipercheratosi localizzata mentre si definisce come Ipercheratosi Diffusa o Placca Callosa un ispessimento dello strato corneo che vada a ricoprire un’area estesa plantare.

Se tutta la pianta del piede è rivestita di strato corneo in Ipercheratosi si può definire il quadro clinico come Tilosi o Tilosi Plantare.

Il Tiloma: i sintomi

  • Il Tiloma, quando il piede va in appoggio, genera un dolore intenso. La sensazione del paziente è di avere un sassolino nella scarpa o nel piede oppure di avere una puntina da disegno incastrata nella cute. Il dolore si accentua alla sera o dopo una camminata e si può evocare esercitando sul Tiloma pressione con un dito . Anche la Verruca, se è posizionata in sede d’appoggio, è ugualmente dolorosa e pertanto il sintomo dolore non aiuta alla diagnosi differenziale tra Verruca e Tiloma in sede d’appoggio.

Il dolore provocato dal Tiloma è dovuto al fatto che in appoggio l’Ipercheratosi comprime il derma e quindi le terminazioni nervose presenti al di sotto dell’ Ipercheratosi generando il dolore. Il Tiloma di per se non è innervato o vascolarizzato quindi il termine Tiloma Neuro-vascolare, presente in alcuni testi di podologia, è errato.

  • Il dolore provocato dal Tiloma spinge il paziente a non appoggiare la parte dove è presente il Tiloma stesso, in questo modo, alterando il cammino, provoca sovraccarico ad altre articolazioni che possono infiammarsi e diventare dolenti.

Il Tiloma: quali cause

Il Tiloma, quando compare, da il segnale che qualcosa è cambiato negli appoggi o non funziona nella deambulazione. Le indagini quindi devono essere indirizzate a comprendere il motivo per cui si è formata questa particolare ipercheratosi. Le cause possono essere legate al paziente come ad esempio quando vi è stato un aumento di peso con aumento quindi dei carichi oppure una perdita di peso con riassorbimento del pannicolo adiposo plantare. In altri casi si sono verificati danni muscolo-articolari che hanno obbligato il paziente a modificare gli appoggi. Sono causa di Tiloma anche fenomeni infiammatori o artritici a carico delle ossa e articolazione dei piedi con modificazione dei profili ossei ed articolari. Tra le cause legate al paziente la più frequente è l’alterazione muscolo-tendinea che porta al cosiddetto dito a martello con conseguente abbassamento delle teste metatarsali.

A volte le cause vanno ricercate nella calzatura come per esempio l’uso delle scarpe antinfortunistiche o zoccoli in legno oppure nell’attività ricreativa come passeggiate prolungate con calzari inidonei su terreni accidentati ecc.

Il Tiloma: quali conseguenze

Indipendentemente dalle cause che hanno generato il Tiloma, questo genera dolore ogni volta che si appoggia il piede. Per evitare di sentire dolore il paziente cerca di non appoggiare la parte dove è presente il Tiloma e facendo questo altera gli appoggi (camminata antalgica) . La conseguenza è che si vanno a sovraccaricare altre strutture osseo-muscolo-tendinee con comparsa d’ infiammazione e quindi dolore in altri distretti. I distretti più coinvolti sono l’articolazione del ginocchio e dell’anca.
Per questi motivi occorre quanto prima risolvere il problema Tiloma.

 

Trattamento podologico

L’uso di sistemi rotativi di ultima generazione,quali micromotore e turbina, ci consentono di effettuare un lavoro di alta precisione.

L’alta velocità ci permette di lavorare senza esercitare la benché minima pressione, garantendo quindi al paziente assoluta assenza di dolore.

Il getto d’aria fredda, mista ad acqua, raffredda la cute provocando un’azione anestetica della parte interessata; inoltre consente di abbattere le polveri create dalla fresatura che possono risultare dannose sia per il paziente che per l’operatore.

 

Il Tiloma: I trattamenti

Essendo il Tiloma una reazione ipercheratosica di difesa, il trattamento deve essenzialmente mirare a ristabilire il corretto appoggio plantare o posizionamento delle dita. Purtroppo non sempre è possibile agire sulle cause ed il Tiloma deve essere trattato per ridurre o eliminare il dolore.

Per prima cosa però occorre considerare il soggetto con Tiloma/i nel suo insieme.
Le condizioni da considerare principalmente sono:

  • Età
  • Attività lavorativa/ abitudini nel tempo libero
  • Soprappeso/obesità
  • Malattie concomitanti: Diabete, Artrite, Psoriasi, Gotta ecc
  • Precedenti osteoarticolari come fratture o protesi

Queste informazioni servono per decidere quale percorso intraprendere nel trattamento del Tiloma.

Dopo aver eseguito l’ispezione clinica, l’osservazione della deambulazione, gli studi con pedana barometrica o analisi del passo viene presa la decisione sul cosa fare.

Gli interventi sul Tiloma possono essere:

  1. provvisori miranti a far tornare a camminare senza dolore nell’immediato
  2. complementari provvisori miranti a controllare la reazione ipercheratosica
  3. duraturi miranti a correggere le cause che hanno generato il Tiloma.

1- Interventi Provvisori

  • Decapaggio manuale

2- Interventi Complementari Provvisori

  • Feltraggio
  • Soletta da scarico
  • Cheratolisi

3- Interventi Duraturi

  • Plantare da scarico
  • Interventi Osteotendinei

Il Feltraggio

Il Feltraggio è una tecnica di scarico provvisoria semplice ed efficace.
Si tratta di utilizzare il feltro per confezionare uno scarico appropriato.
Il feltro e un panno non tessuto formato da pelo di vari animali, di solito lana di pecora, compattato e fatto infeltrire oppure di espanso di lattice di gomma ( quelli di schiuma sintetica non sono consigliabili). Il feltro può essere di vario spessore e di varia resistenza alla pressione. In pratica si determina l’area che si vuole scaricare e poi si confeziona un feltro scavato parzialmente da applicare a protezione del Tiloma già trattato con decapaggio. Si può scegliere di tagliare il feltro a tutto spessore nell’area del Tiloma per garantire uno scarico completo.
Il feltro di solito ha una faccia rivestita da collante e quindi aderisce alla cute non appena posizionato. Per garantire la stabilità del feltraggio tuttavia si applica al di sopra e sulla cute tutto intorno un cerotto traforato .
Questa medicazione può durare una settimana al massimo e poi va cambiata.
Il feltraggio ha due principali inconvenienti: quando posizionato in sede plantare rialza il piede scombinando gli appoggi di quel piede e del piede opposto. Impedisce la detersione del piede o della parte feltrata.

Soletta da scarico

In questo caso per effettuare lo scarico si utilizza una soletta plantare dello spessore di circa 5 mm. Il materiale della soletta può essere naturale come lattice o sughero oppure sintetico come resina espansa, silicone, ecc.
Si traccia con una penna demografica sul piede del soggetto il perimetro dell’area che si intende scaricare. Posizionando la soletta sulla pianta si ottiene l’impronta dell’area di scarico sulla soletta. Si procede al taglio e smussamento dei bordi e si inserisce nella calzatura. Anche questo scarico è provvisorio perché dopo un periodo vario, a seconda della composizione, la soletta tende a comprimersi annullando lo scarico.

Callosità interdigitale

Callosità interdigitale

(Ipercheratosi digitale)

Callosità interdigitale:
In volgare definito «callo molle», è dovuto al ristagno tra le dita di sudore non evaporato.N ormalmente si formano tra un dito e l’altro del piede a causa di una pressione continua.
Può essere eliminato con un’accurata pedicure.

Le callosità della regione digitale sono spesso Helomi e raramente Tilomi. Gli Helomi si creano spesso tra un dito e l’altro e vengono erroneamente confusi con delle Verruche. Questi Helomi interdigitali si distinguono in duri, presenti in regione ossea interfalangea, non dolenti, e morbidi, ammorbiditi dall’umidità, in corrispondenza del dito contiguo a quello affetto dall’Heloma duro.

I Tilomi della zona digitale sono invece presenti esternamente e sono dovuti a conflitto con la calzatura.

Il trattamento delle callosità dolorose è di due fasi:

•  Trattamento strumentale
•  Trattamento post-strumentale

Il callo doloroso deve essere asportato. Nello studio podologico si usa micromotore o turbina. Questo metodo strumentale moderno ci permette di evitare ogni sensazione dolorosa per paziente.

La seconda fase prevede applicazione di silicone podologico nel caso delle callosità digitali oppure del plantare fatto su misura per callosità plantari.

Callosità calcaneare

Callosità calcaneare

(Ipercheratosi calcaneare)

Le callosità rappresenta una normale risposta protettiva e va lasciata indisturbata. Diviene patologica soltanto quando raggiunge un volume talmente eccessivo da evolvere sintomi dolorosi e deformazioni nella normale stratificazione della cute.
Il trattamento delle callosità dolorose è di due fasi:
•  Trattamento strumentale
•  Trattamento post-strumentale
Il callo doloroso deve essere asportato. Nello studio podologico si usa micromotore o turbina. Questo metodo strumentale moderno ci permette di evitare ogni sensazione dolorosa per paziente.
La seconda fase prevede applicazione di silicone podologico nel caso delle callosità digitali oppure del plantare fatto su misura per callosità plantari.

Onicocriptosi (Unghia incarnita)

Onicocriptosi (Unghia incarnita)

(Patologie dell’unghia – Onicogrifosi)

ONICOCRIPTOSI (Unghia incarnita)

Cos’è l’onicocriptosi

L’onicocriptosi , meglio nota come unghia incarnita, è una condizione patologica nella quale un frammento oppure una porzione dentellata del bordo laterale dell’unghia penetra nei tessuti molli adiacenti (valli ungueali) che spesso si infettano. La si riscontra più frequentemente nell’alluce degli adolescenti ma non è infrequente nelle persone di ogni età, può manifestarsi mono o bilateralmente. All’inizio può provocare lievi inconvenienti, ma con la crescita dell’unghia lungo il solco la cute si arrossa, diventa lucida e tesa, ed il dito appare gonfio e tumefatto. Chi ne è affetto avverte un’acuta dolenzia alla più lieve pressione, ma se trascurata può arrivare a provocare dolori molto forti. La presenza dello sperone ungueale impedisce, a causa di un processo di granulazione della ferita, la normale guarigione e può essere causa della formazione di un granuloma il quale, assieme alle pieghe ungueali tumefatte, sconfina sulla lamina ungueale, talvolta in misura considerevole, coprendola parzialmente. Poiché l’infezione è quasi sempre presente, si può generare un essudato purulento che ha origine dal solco ungueale.

Le cause dell’onicocriptosi

Fra le cause più comuni vi sono :

  1. una errata tipologia di calzatura indossata (ad es. scarpe a punta) con conflitto piede -calzatura
  2. tagli impropri della lamina ungueale spesso troppo corta soprattutto nei soggetti in età pediatrica
  3. patologie biomeccaniche dell’alluce o di altre dita del piede (es. alluce valgo) oppure eccessiva pronazione
  4. traumi diretti o microtraumatismi continui
  5. forma della lamina ungueale
  6. eccessiva sudorazione (iperidrosi)

 

Forma della lamina ungueale

Normalmente la lamina ungueale ha una forma piatta leggermente incurvata in senso trasversale.
Frequentemente questa leggera curvatura è presente anche in senso longitudinale. Purtroppo, sia per cause acquisite o congenite la
forma della lamina può avere alterazioni tali da provocare dolore e/o patologie anche importanti.

  1. Margine ungueale piano
  2. Margine ungueale ricurvo
  3. Margine ungueale “a pinza”

Classificazione dei tipi di unghia

  1. Unghia a “Tegola di Provenza”: Con curvatura molto accentuata normalmente si accompagna con deformità della falange distale.
  2. Unghia a “Singolo o doppio uncino”: il o i bordi laterali sono perpendicolari al piano della lamina e penetrano nel vallo profondamente provocando lesioni o ispessimento dello strato corneo
  3. Unghia a “Ricciolo o spirale”: gira su sé stessa arrivando, in alcuni casi (non infrequenti), a pinzare il letto ungueale quasi completamente. Generalmente molto dolorose sono difficili da rieducare
  4. Unghia a “vetrino d’orologio”: caratterizzata da una lamina molto fine, fragile e quasi piana si rompe facilmente rappresentando una causa frequente di onicocriptosi

Trattamento podologico

Un trattamento previsto è l’intervento del podologo, in secondo luogo l’intervento chirurgico.
Nella pratica podologica vengono trattati molti pazienti con unghia incarnita.
Nella quasi totalità dei casi il trattamento conservativo riporta alla completa guarigione dei pazienti, risparmiando l’unghia e la funzionalità dell’alluce.
Si può considerare che l’unghia incarnita può essere trattata senza anestesia e con minimo dolore.
E’ importante preparare psicologicamente il paziente, rassicurarlo e spiegargli bene come si svolgerà il trattamento.
Nella fase acuta, in presenza del granuloma, bisogna ridurre lo stesso applicando prodotti astringenti cioè che riducono l’afflusso di sangue nella zona. Ridotto il granuloma e l’infiammazione il podologo può eseguire una tecnica denominata “emilaminectomia a spicchio”per eliminare il segmento invaginato che provoca il dolore e, a seguire, applicare una zaffatura e una medicazione.
Dopo che lo stato infiammatorio sia stato superato e si sia ricostituita l’integrità dei tessuti molli del vallo ungueale può essere necessario eseguire una ricostruzione ungueale della porzione di unghia eliminata per mantenere i solchi ungueali sufficientemente larghi per garantire una normale crescita della lamina.
Bisogna tener presente che appena si estrae la scheggia dell’unghia, il dolore diventa quasi nullo. La soddisfazione più grande per il paziente è che, dopo il primo intervento, può camminare senza sentire alcun male.

Conseguenze posturali

Un’ unghia incarnita non trattata, oltre che essere causa di dolore, costringe colui che ne è affetto ad alterare il proprio ciclo del passo alfine di ridurre al minimo il dolore (camminata antalgica). Questo passo e cammino alterati possono generare, specie se prolungati nel tempo, conseguenze posturali a carico delle strutture ossee sovra podaliche (bacino, colonna vertebrale).

Consigli del podologo

Quando non vi siano alterazioni congenite della lamina ungueale oppure l’unghia non sia stata sottoposta a traumatismi accidentali e/o ripetuti questi sono i consigli e le raccomandazioni che il podologo suggerisce e che svolgono un’azione preventiva per evitare che l’unghia si incarnisca :

  1. evitare calzature a punta stretta
  2. sono raccomandate calzature che permettono una buona traspirazione e l’evaporazione di sudore eccessivo dei piedi
  3. evitare di far macerare la pelle intorno all’unghia nei casi di eccessiva sudorazione (iperidrosi) ed usare prodotti astringenti (per. es. creme al cloruro di alluminio)
  4. evitare tagli impropri della lamina ungueale specie ai lati
  5. arrotondare lateralmente i bordi distali dell’unghia con una lima di cartone
  6. evitare di strappare pellicine, porzioni di unghia , toccare e tagliare i bordi laterali dell’unghia con forbicine o tagliaunghie
  7. evitare di tagliare le unghie troppo corte